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  • Eliana Ferioli

I rimedi del Dottor Amal

Negli anni Trenta-Quaranta del secolo scorso non c’era famiglia italiana che non conoscesse La Domenica del Corriere. Pubblicata per la prima volta nel 1899, la “Domenica”, come era affettuosamente chiamata, veniva distribuita gratis agli abbonati del Corriere della Sera, oppure si poteva acquistare in edicola per dieci centesimi. Il supplemento era stato pensato come il “settimanale degli italiani”, destinato a parlare della vita di tutti i giorni, degli eventi lieti e delle grandi tragedie, dei piccoli fatti e di tutto quanto influiva sulla quotidianità. A impreziosirlo, c’erano poi le splendide copertine disegnate prima da Achille Beltrame (1871-1945) e poi da Walter Molino (1915-1997).

Nella “Domenica” non mancavano naturalmente le rubriche: galateo, giardinaggio, economia domestica, animali e poi, a partire dal 1926, “La parola del medico”, in cui si affrontavano i più vari argomenti, dall’igiene alimentare all’igiene personale, dalle malattie ai rimedi casalinghi, all’uso corretto delle erbe medicinali. La rubrica portava la firma Dottor Amal, uno pseudonimo dietro il quale si celava Amalia Moretti Foggia. Perché mai Amalia avesse adottato un’identità maschile, lo spiega lei stessa: «Mi conoscono e mi conosceranno solo come il dottor Amal, ma la vera Amalia, la medichessa che in un’epoca in cui nessun bravo borghese si farebbe curare da una donna, ha dovuto fingersi uomo per essere credibile». I lettori la amavano a tal punto che si decise di affidarle anche una rubrica di cucina. Nacque così “Tra i fornelli”, firmata Petronilla, il suo nuovo alter ego.




Rivolta alle massaie piccolo borghesi, mogli e madri sulle cui spalle gravava il peso del bilancio familiare, la rubrica divenne ben presto molto popolare e si rivelò preziosa soprattutto in tempo di guerra, quando Petronilla propose, attraverso le sue ricette, la “cucina del senza”, ovvero tecniche e accorgimenti che consentivano di mettere in tavola i medesimi piatti di “prima”, ma senza gli stessi ingredienti, ormai introvabili, come la créme caramel senza latte né uova e la maionese senza olio, oggi tornata in auge tra i vegani.

Intere generazioni di donne, le nostre madri, le nostre nonne, sono dunque cresciute leggendo i consigli medici del dottor Amal e le ricette di Petronilla, ignorando che donna straordinaria fosse Amalia Moretti Foggia.

Amalia nasce a Mantova nel 1872 da genitori laici e progressisti, titolari di una farmacia di proprietà della famiglia fin dal Settecento. In casa la vorrebbero farmacista per proseguire la tradizione, ma lei sceglie la facoltà di scienze naturali, laureandosi a Padova nel 1895. Nel 1898 si laurea anche in medicina, quando in Italia le donne medico si contano sulle dita d’una mano. Si trasferisce poi a Milano, dove entra in contatto con Anna Kuliscioff, tra i fondatori e massimi esponenti del Partito Socialista Italiano, e con le femministe e attiviste dell’epoca, Paolina Schiff, Alessandra Ravizza, Linda Malnati e soprattutto Ersilia Majno, fondatrice dell’Asilo Mariuccia e dell’Unione Femminile Nazionale. Sarà proprio la Majno a trovare ad Amalia un posto come medico fiscale presso la Società operaia femminile di Mutuo Soccorso.

Nel 1902 Amalia sposa un collega, il dottor Domenico della Rovere, e nello stesso anno viene assunta alla Poliambulanza di Porta Venezia, dove presta la sua opera per quarant’anni, a contatto con le famiglie più povere, con operaie, sartine, prostitute, che spesso cura gratuitamente. Tiene inoltre alcune conferenze presso l’Università popolare di Milano sulla lotta alla tubercolosi e diviene medico personale e amica della poetessa Ada Negri.



Nel 1926, Amalia Moretti Foggia comincia la sua attività di giornalista e divulgatrice alla Domenica del Corriere, curando le celebri rubriche grazie alle quali riesce a entrare nei salotti e nelle cucine di milioni di case come medico, come pediatra e come cuoca, scrivendo in modo semplice e colloquiale. I consigli del dottor Amal e la voce rassicurante e amichevole di Petronilla tengono compagnia ai lettori per vent’anni, attraverso il periodo buio della seconda guerra mondiale, dei razionamenti e delle tessere annonarie. Di lei vogliamo ricordare queste parole:

«È come se da quegli anni in cui iniziai a scrivere per la “Domenica” avessi cominciato a vivere due esistenze differenti e complementari, una di donna emancipata, moderna e intellettuale, l’altra di “donnetta di casa”, tutta dedita a figli, marito e fornelli. La mia guida è sempre stata quella di essere semplice, spontanea e vera. È come se sapere che esistevo in quei quaderni avesse dato più senso alla mia vita, e un filo resistente mi avesse legato alle esistenze di tutte quelle donne».






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